Nel caleidoscopico e affascinante mondo dei social network, le aziende dovrebbero sempre affidare la loro immagine al professionista del settore: il Social Media Strategist
“Per i social network nessun problema, tanto è un gioco da ragazzi“.
No, per nulla. L’utilizzo professionale dei social network è un lavoro di primaria importanza oggi, e la figura che se ne occupa è il Social Media Strategist.
Roba da professionisti, perché l’immagine pubblica di un’azienda che viene veicolata attraverso quelli che attualmente sono i più importanti mezzi di comunicazione (gratuiti e a disposizione di tutti), deve essere gestita da figure professionali che hanno ben chiaro l’obiettivo finale del cliente, e che al contempo conoscono alla perfezione ciascun social nel quale questo avrà visibilità.
Non basta “postare” un contenuto, ma è necessario ideare e adottare una strategia concordata con il cliente, mirata per il target finale e pianificata nel lungo medio-lungo periodo.
Quando, all’interno delle aziende, si tende a risparmiare sulla figura del Social Media Strategist, significa che non è presente una chiara e necessaria panoramica del mondo del web: un coltello che se impugnato dalla parte sbagliata non può che ferire.
I social network sono a disposizione di milioni di persone, giovani e non, di interessi e culture differenti, e sono diventati il primo vero motore nel quale la gente ricerca persone, enti, associazioni, eventi ed aziende per scoprirne le ultime novità e farsi una rapida idea di come lavorano e di cosa propongono.
Basta pensare a quanto può essere negativa l’immagine che viene offerta ad un “fan” o “follower” che, curioso di scoprire l’ultima collezione fashion di un designer o le ultime notizie di un magazine (per citare due esempi), si trova di fronte una carrellata di fotografie sfocate, testi non linkabili, nomi non taggati, contenuti rari, di poco interesse e coinvolgimento. Senza contare che, in alcuni social network, se non si forniscono hashtag azzeccati, in linea con l’obiettivo aziendale o del post stesso e strategicamente furbi, lo stesso post difficilmente avrà la visibilità desiderata, ma finirà nel grande universo delle condivisioni globali, dimenticato e inutile.
Se da una parte le testate giornalistiche, attraverso i social network, avrebbero l’obbligo di non scrivere contenuti furbi volti al solo click, ma di ideare una strategia vincente che permetta di creare interesse nella notizia senza stravolgerla portando così il fan ad essere invogliato a scoprirne di più cliccandoci sopra, d’altro canto le aziende devono ragionare in termini di immagine, pensando a come offrire ai follower spunti, idee e contenuti in linea con il brand e il suo obiettivo, capaci di portare visibilità e di rendere il prodotto proposto facilmente riconoscibile e memorizzabile.
Partendo dal presupposto fondamentale che ogni social network è diverso dagli altri, e ha regole e strategie che devono essere comprese e studiate, solo il Social Media Strategist, ovvero il professionista del settore e tra le figure più ricercate nel Digital Marketing, sarà capace di dare valore aggiunto in tal senso, e non un’altra figura prestata a questa funzione per tagliare i costi o per presunzione dirigenziale. Tra un avvocato e un cardiochirurgo, per esempio, da chi vi fareste operare al cuore?
Cosa deve chiedersi un Social Media Strategist, prima di attuare una strategia?
– Chi sono gli utenti ai quali arrivare?
– Come rivolgermi a questo target?
– In che modo fidelizzare gli utenti?
E cosa funziona sui social network?
– Immagini e video, in particolare su Facebook e Instagram, tra stories e post;
– contenuti che arricchiscano l’esperienza dell’utente, che lo incuriosiscano e che creino una sorta di fidelizzazione tra online e offline (o tra social e sito);
– l’aggiornamento continuo sulle novità e le evoluzioni dei social media da parte del professionista, che in caso dovrà essere pronto a modificare strategia e post pianificati;
– la stesura di un calendario editoriale per la programmazione dei post, che non possono essere rari e di bassa qualità;
– la capacità di essere sempre sul pezzo e “cavalcare” (con intelligenza) notizie e trend del momento (il caso di Ceres, ad esempio, è straordinario);
– l’utilizzo di hashtag mirati e il coinvolgimento di utenti o personalità tramite tag;
– mettere in luce i volti, ove possibile, perché la gente vuole scoprire chi c’è dietro ad un progetto o ad una realtà;
– l’ideazione di attività parallele che fungano da attrattiva per l’utente e che stimolino la sua curiosità (contest e sondaggi ad esempio);
– rispondere sempre agli utenti che scrivono pubblicamente o privatamente, con garbo e coerenza;
– prevedere e rispettare la netiquette e ideare un piano B da attuare in caso di emergenza;
– tenere d’occhio le Insights, per avere sotto controllo l’andamento del lavoro;
– prevedere attività sponsorizzate e mirate;
– ultimo, ma non ultimo, una buona dose di pazienza: perché se l’azienda si aspetta di aumentare fan o follower nel breve tempo, ricorrendo allo stratagemma di acquistarli senza criterio, prima o poi questo castello di carte sarà destinato a crollare.
Ma non solo.
Perché la prima vetrina di un brand, di un personaggio, di una realtà o di un’ente, di un magazine o di un evento è proprio sui social network.